Molto spesso i bevitori abituali di single malt scotch whisky tendono a fare paragoni diretti con distillati di cereali di diverso genere. Il whiskey americano è rimasto spesso nel limbo, schiacciato dai prodotti industriali di maggior diffusione come Jack Daniel’s o Jim Beam e solo ultimamente un maggior numero di referenze stanno arrivando sui nostri scaffali.
Uno dei maggiori ritornelli che si sente è
<<gli american whiskey sono tutti uguali!>>.
Ma parliamo di Bourbon, per semplicità. Quali sono le principali fasi produttive che differenziano maggiormente i bourbon uno dall’altro? Quali sono le esigenze dettate dal disciplinare o semplicemente dalla produzione, dai gusti o dal mercato? Nel Single Malt Scotch Whisky moderno sappiamo che ‘barrel is the king’ oppure ‘the wood makes the whisky’ e che quindi le maggiori differenze tra i vari prodotti sono proprio introdotte dalla maturazione. Per i bourbon che usano botti molto simili, praticamente di un solo tipo e in più usate una sola volta, dove si può intervenire? Vediamo come i master distiller scozzesi e americani possono incidere sul prodotto finale per dargli carattere. Si premette che si sta parlando dei prodotti moderni, che si tratta di una semplificazione e di una generalizzazione e che non si tratta di un confronto diretto tra le due tipologie di distillati.
Cereali e Mashing
Nei Single Malt Scotch Whisky è possibile usare solo malto d’orzo: una delle poche libertà concesse è quella di usare malto ‘torbato’, che comunque può incidere significativamente sul prodotto finale. Si tratta tuttavia nel Single Malt moderno di un’eccezione usata in modo costante da una minoranza di distillerie. La selezione di orzo usata si sta sempre più spostando verso varietà dalle alte rese di alcool a dispetto delle differenze che è possibile ottenere con differenti specie di orzo.
Nei Bourbon è fissato un 51% di mais minimo così come lo è per la segale nei Rye: è possibile comunque agire sulla miscela di cereali in modo significativo creando quindi una vera e propria ricetta conosciuta col nome di Mashbill. Bulleit Bourbon, ad esempio, usa una grande percentuale di segale mentre Maker’s Mark di frumento.
Lieviti e Fermentazione
Oramai, per i Single Malt Scotch Whisky quasi tutte le distillerie usano un lievito neutro e molto vorace, il Distiller, che massimizza la resa alcolica. La durata delle fermentazioni dipende in modo molto forte dalla capacità produttiva della distilleria e dal fattore di utilizzo degli impianti. Potremmo quasi giudicare questa fase un’invariante nel processo e nella differenziazione dei vari prodotti, anche se le fermentazioni più lunghe producono un fermentato più fruttato.
Per il Bourbon e il Rye i distillatori usano spesso diversi ceppi di lievito per produrre fermentati molto diversi tra loro. Il caso limite è la Four Roses che produce ben dieci tipi di fermentato/distillato che vengono poi miscelati per produrre il bourbon ‘di linea’, mentre è sicuramente possibile verificare che tra un single barrel e l’altro spesso ci sono enormi differenze. La pratica del sour mash è praticamente usata da tutti e differenzia le fermentazioni delle varie distillerie in modo anche significativo.
Alambicchi e Distillazione
Nella produzione di Single Malt Scotch Whisky si può usare solo l’alambicco ‘Pot Still’ discontinuo. La forma degli alambicchi, il numero di distillazioni e come è tagliato il distillato (scarto di teste e code) può avere incidenza sul tipo di spirito prodotto. Il fuoco diretto per scaldare gli alambicchi è oramai quasi completamente scomparso.
Nella produzione di Bourbon generalmente si utilizzano delle colonne abbinate, a volte, a una seconda distillazione in Pot Still. Le possibilità di differenziare il prodotto in questa fase sono molto limitate anche se, per produrre bourbon, la gradazione alcolica non può essere superiore a 160 proof (80% vol) e quindi il distillato non è totalmente purificato, come invece avviene ad esempio nel grain scotch whisky.
Botti e Maturazione
Negli Scotch Whisky moderni il legno la fa da padrone: esiste una molteplicità di possibili maturazioni in diversi tipi botte (nuova, ex bourbon, sherry, altri distillati o vini, first fill o refill, ecc.) e dimensione (dai classici barrel, hogshead, butt, fino a botti piccole come i quarter cask). Anche se non sempre è definito dove maturano, il tipo di maturazione (ad esempio in un magazzino sul mare) potrebbe dare risultati differenti.
Per i Bourbon è ammessa solo la botte di quercia nuova (non necessariamente americana, ma usano tutti quella) e, anche se non c’è una misura fissa, quasi tutti usano l’american barrel, di circa 200 litri. L’unica variante di fatto è il grado di carbonizzazione, ‘charring’, che si dà alle botti. Quasi tutti i bourbon provengono da zone molto calde, come il Kentucky, che porta ad una grande evaporazione dello spirito. Alcune distillerie in zone più fresche o con temperature controllate probabilmente possono godere di maturazioni più lente. La regola dell’utilizzo del barrel solo una volta è tuttora valida, comunque più volte messa discussione, conseguenza anche della scarsità di legname che si sta presentando.
Lo schema cerca di evidenziare quali sono le aree su cui è più semplice agire per differenziare e caratterizzare il prodotto finale.
Il ritornello <<i bourbon sono tutti uguali!>>, ragionevolmente valido per i pochi prodotti che arrivavano qui da noi fino a pochi anni fa, quasi tutti con una altissima percentuale di mais al loro interno, scricchiola da diverso tempo. Le maggiori possibilità che ci si presentano possono certamente far cambiare questa convinzione molto diffusa. Con l’avvento di una miriade di distillerie artigianali, le differenze saranno sempre più marcate e si troveranno sempre più bourbon con diverse sfaccettature.
Crediti fotografici
Immagine di copertina: dalla rete; immagine 1 e 2: da “Degustare il Whisky” di Lew Bryson; immagine 3: da www.angelshare.it.
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