Non esiste “il miglior” tequila, ma state pronti: potrebbe essere quello che finirà nel vostro bicchiere.
Ho cominciato ad occuparmi attivamente di tequila verso la fine degli Anni ‘90, anche se il primo incontro con il distillato in realtà risale al 1980. In quel periodo frequentavo il Señor Frog a Mazatlan, un locale dove già nel pomeriggio si creavano situazioni da notte fonda, con un paio di “Tequila Girl” che giravano per il locale offrendo shot, e i turisti americani non se lo facevano dire due volte: il tequila scorreva a fiumi, liscio o in margarita, in bicchieri da mezzo litro. Erano altri tempi, dove era obbligatorio anche il sale e lime d’accompagnamento. Faceva parte del rito e nessuno si sottraeva. Vuoi per la professionalità sempre maggiore degli addetti ai lavori, vuoi per la clientela stessa che diventa sempre più esigente, tranne che in qualche raro caso oggi non ci capita più di vedere il piattino con sale e lime ad accompagnare il tequila. Era ora! Ormai, guardando i dati export del Consejo Regulador del Tequila, in Italia il tequila 100% agave in alcuni mesi dell’anno supera le vendite del tequila 51%: dopo tutti questi anni di training ed educational, stiamo ottenendo il risultato sperato, con una clientela sempre più rivolta a Tequila di tipo premium.
Fortunatamente, i tempi si evolvono e da parte della clientela c’è una maggior consapevolezza verso il prodotto: devo dire che non è raro trovare locali che offrono una grande selezione di tequila di qualità – diciamo la verità – grazie anche al contributo dei bartender che hanno aiutato non poco il mercato a crescere adottandolo come uno dei distillati preferiti. Non scordiamoci che drink che erano passati quasi nel dimenticatoio come Margarita e Tequila Sunrise stanno vivendo grazie ai nuovi prodotti premium una nuova giovinezza, trainati dal Tommy’s Margarita, creato da Julio Bermejo verso la fine degli anni 90: sarebbe impossibile non citare il supporto avuto negli anni dal proprietario del Tommy’s Restaurant di San Francisco e Ambassador of Tequila negli Stati Uniti, che per primo mi ha introdotto nel mondo dell’industria tequilera. Lo ritrovo in tutti i più importanti eventi al mondo dove si parla di tequila: è sempre in prima linea ad Agave Experience, che pioneristicamente 6 anni fa cominciò con la sua prima edizione. Da quel momento in poi, il mondo dei tequila lovers italiano è nato e ha iniziato a porsi domande “esistenziali”:
Qual è il miglior tequila? Il blanco, il reposado? O forse l’añejo?
Nessuno dei tre e tutti, dipende dai gusti personali, a chi piace assaporare il distillato giovane che esprime tutta la sua freschezza preferirà un blanco, mentre chi preferisce un tequila che sia rimasto un po’ a “meditare”, preferirà il reposado. Chi invece è amante dei sentori di vaniglia e tabacco e abitualmente degusta distillati invecchiati, andrà in brodo di giuggiole per l’Añejo. Discorso a parte meritano gli Sati Uniti, dove su grande richiesta della clientela è stata creata la categoria Extra Añejo che prevede un invecchiamento di almeno tre anni in botti ex bourbon – questa categoria è in continua crescita ed è uno dei pochi distillati con un trend di vendita sempre in ascesa.
Sostanzialmente non esiste “il miglior” tequila, ma voi state pronti: potrebbe essere quello che finirà nel vostro bicchiere.
Altipiani o bassipiani?
Ovvero El Valle o Los Altos? Dove si produce il tequila più buono? Anche qui non è possibile affermare che il tequila degli altipiani sia migliore di quello dei bassipiani o vice versa, tuttavia le varietà di agave che crescono nelle due zone presentano alcune peculiarità che le rendono diverse una dall’altra e, di conseguenza, anche il prodotto finale sarà caratterizzato da una differenza che le contraddistingue: il tequila degli altipiani è più erbaceo e fruttato, mentre quello dei bassipiani sarà meno delicato e più “terroso”, con leggeri sentori di affumicato. Due sapori diversi, comunque un unico distillato, la differenza la fa semplicemente… il terroir.
Nuova Denominazione d’Origine per il Mezcal