Senza entrare in una discussione, che non avrebbe vincitori né vinti, sulla qualità dello scotch whisky ieri e oggi, si può certamente analizzare cosa si faceva di diverso per produrlo nel recente passato.
Le materie prime
Se visitate le distillerie di Single Malt l’adagio è: <<il whisky è fatto di acqua, malto d’orzo e lievito>>. Lasciando inalterata l’acqua, gli altri due ingredienti hanno subito nel corso degli anni delle modifiche. I lieviti sono stati selezionati nell’intento di produrre maggior quantità di alcool anche a discapito degli esteri che si sviluppano durante le fermentazioni. Nella stessa direzione sono andate le varietà di orzo: la maggiore resa (yeld) alcolica penalizza la biodiversità. Negli anni ’50 le varietà di orzo rendevano circa 360 litri di alcool a tonnellata mentre quelle attuali sono ben oltre i 410 litri. Sir Robert Moray, nel 1678, scrive: “Il whisky è fatto di solo orzo, tuttavia ce ne sono due varietà: una con la spiga a quattro file e un’altra a due file; la prima è la più usata mentre la seconda fa un whisky migliore […]”. Altra differenza molto importante è l’industrializzazione del maltaggio e l’abbandono dei malting floor, oramai pochissimi e marginali, anche se mantenuti in distillerie molto note come Springbank, Bowmore e Laphroaig.
La produzione e le attrezzature
L’intero processo produttivo ha subito dei miglioramenti in modo da incrementare la resa. Anche la fase di mashing, l’estrazione degli zuccheri dal malto macinato, non ne è rimasta immune. I tun tradizionali in molti casi son stati sostituiti con quelli più moderni, i lauter tun. La prima grande e sostanziale differenza tra la distillazione moderna e quella di qualche anno fa è comunque l’abbandono graduale del fuoco diretto sugli alambicchi a favore di un riscaldamento a vapore. La maggiore differenza sta nel fatto che il fuoco diretto scalda l’alambicco maggiormente nella parte inferiore, mentre il vapore tende a irrorare il caldo in modo più uniforme; ci sono ovviamente anche motivi di costi e ambientali. Una delle ultime ad abbandonare il fuoco è stata Macallan nel 2010: resistono, tuttavia, alcuni tradizionalisti come Glenfarclas. Il cambiamento di carattere del distillato passando dal fuoco diretto al vapore è una certezza, tanto che molte distillerie hanno cambiato il taglio di teste e code durante la distillazione. Il riscaldamento diretto era abbinato a un sistema di catene che giravano al loro interno, il rummage, per evitare che ‘la minestra si attaccasse al fondo’ dell’alambicco. Proprio queste catene erano di rame, aumentando ancora di più il contatto ad alte temperature tra il metallo e il fermentato/distillato e riducendone quindi la componente sulfurea. Il riscaldamento diretto col fuochista e il carbone è oramai scomparso in Scozia ma, com’è noto, i Giapponesi prendono sul serio le cose e a Yoichi questa pratica è ancora in uso. Altro cambiamento introdotto quasi in ogni distilleria è il passaggio dai worm tubes ai condenser per raffreddare i vapori di distillazione: anche in questo caso i warm tubes erano di rame e quindi la superfice di contatto rame/distillato aumentava. Un cambiamento in corso in molte distillerie è il passaggio dai tini di fermentazione, washbacks, in legno (pino o larice) a quelli in acciaio. Gli effetti di questi due ultimi cambiamenti sul distillato sono controversi, ma in ogni caso è un segno dei tempi che cambiano.
La maturazione
È indiscutibile che la ricerca sui legni e sulle botti sia una forte tendenza dell’ultimo ventennio. Uno dei massimi innovatori in questo caso è stato Bill Lumsden di Glenmorangie, con la ricerca di nuovi legni per i finishing e di botti molto attive. Nel passato le botti erano viste principalmente come recipienti e non vi era un vero e proprio studio e, infatti, è molto raro trovare sulle vecchie bottiglie l’indicazione del tipo di botte usata che tanto va di moda in questo periodo. Il tipo di stoccaggio ha subito evoluzioni simili. Il metodo tradizionale, dunnage, sfruttando molto meno gli spazi, è quello meno redditizio dovendo fare solo tre file di botti in modo da avere un contatto diretto con il terreno. Gli altri due metodi più moderni, il racked, scaffalato, e il palletised, barili sui pallet, permette di sfruttare in altezza lo spazio e di avere rese molto superiori e movimentazioni più semplici. Secondo i tradizionalisti, ma anche secondo la logica, quella a dunnage fornisce una circolazione d’aria ottimale e mantiene il distillato a una temperatura costante.
La modernità non risparmia nemmeno un settore come quello dello Scotch che, per fortuna, rimane comunque impermeabile alla chimica e agli additivi.
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